
Born in 1984, I can’t recall a single moment in my life without a pencil, a marker, or a brush in hand. Since childhood, drawing and illustration have been my language — a code made of lines, gestures, and color.
It was the world of graphic arts that claimed me: I worked for years as a professional graphic designer while earning a degree in Computer Science.
Over time, my two souls — the technical-scientific and the emotional-artistic — stopped clashing and began to merge.
Today, my artistic research focuses precisely on this point of convergence: where logic meets vision, code meets matter, and algorithm meets gesture.
“I’ve found in generative art a fertile ground where chaos and control come together.
My work unfolds along a hybrid path — a constant dialogue between traditional art and digital techniques, between the physicality of the mark and the immateriality of code.
I use data, forms, and processes as living matter, shaped by flexible rules and abstract components that lend uniqueness to each piece.
I seek balance, collision, and synthesis between worlds that only appear to be opposites.”
“Artifice stands as the ultimate human allegory, crafted in our image and likeness; much like the artistic process itself, it embodies the three phases that define our capacity to interpret and reshape the world.
Yet, even when similar processes are undertaken by different creators, the outcomes are inherently diverse.
What sets us apart? And what does not?
Contemplating this vast allegory shapes the creative journey; essential influences, born of chaos, imbue each outcome with unique variations and glitches, making every result singular.
The final work becomes a meeting point between creator and creation—a transformative dance that merges and reimagines, in an endless cycle of interpretation and reprocessing.”
I see, absorb, return.
This cycle – as old as human consciousness – is now undergoing a radical shift.
Digital systems, computation, and artificial intelligence do not replace our capacity to see; they transform how we process and re-express what we perceive.
The computer becomes a tool for reprocessing, AI an extension of cognitive possibility.
Each artwork becomes a return, a reframed echo of an original input.
I believe in a future of evolutionary symbiosis: between the biological and the artificial, the creator and the created.
A future where perception and awareness become decentralized, distributed, hybrid.
A world where reality is interpreted through new, unexpected forms,
profoundly human, precisely because they are contaminated.
Classe ’84, non ricordo un solo momento della mia vita senza una matita, un pennarello o un pennello in mano; fin da bambino, il disegno e l’illustrazione sono stati il mio linguaggio – un codice fatto di segni, gesti e colori.
è il mondo delle arti grafiche a reclamarmi: lavoro per anni come grafico professionista, e successivamente mi laureo in Informatica. Con il tempo le mie due anime, quella tecnico-scientifica e quella emotiva ed artistica, smettono di lottare e iniziano a fondersi.
La mia ricerca artistica, oggi, si focalizza proprio qui: nel punto di contatto tra logica e visione, tra codice e materia, tra algoritmo e gesto.
Ho trovato nell’arte generativa un terreno fertile dove caos e controllo si incontrano.
Il mio lavoro si sviluppa su un binario ibrido: un dialogo continuo tra arte tradizionale e tecniche digitali, tra la fisicità del segno e l’immaterialità del codice; utilizzo dati, forme e processi come materia viva, guidata da regole flessibili e da componenti astratte che donano unicità all’opera.
Cerco equilibrio, collisione e sintesi tra mondi che solo in apparenza sono opposti.
L’artificio è la suprema allegoria umana, a nostra immagine e somiglianza; come nel processo artistico dell’essere umano, si distinguono le tre fasi che compongono la sua capacità di interpretare e rielaborare il mondo.
Tuttavia, a processi simili realizzati da attori differenti, corrispondono esiti altrettanto diversi tra loro.
Cosa ci contraddistingue? E cosa no?
Riflettere su questa complessa allegoria plasma il processo creativo; mentre influenze imprescindibili, figlie del chaos, arricchiscono di differenze e glitch uniche per ogni risultato, il prodotto è l’incontro tra creatore e creazione.
Una danza evolutiva che fonde e ricrea, in un ciclo eterno di interpretazione e rielaborazione.
Vedo, assorbo, restituisco.
Questo ciclo, antico quanto l’essere umano, è oggi oggetto di trasformazione profonda: l’ingresso del digitale, dei sistemi computazionali, delle intelligenze artificiali, non replica la nostra capacità di vedere, ma rivoluziona il modo in cui elaboriamo e restituiamo ciò che percepiamo. Il computer diventa strumento di rielaborazione, l’IA un’estensione delle possibilità cognitive.
Così, ogni opera non è altro che una restituzione, una nuova forma, un’eco trasformata dell’acquisizione originaria.
Credo in una simbiosi evolutiva tra biologia e artificio, tra creatore e creato.
Un futuro in cui percezione e coscienza si decentrano, si diffondono, si ibridano.
Un mondo dove l’interpretazione del reale si moltiplica in forme nuove, inattese, e profondamente umane proprio perché contaminate.